La resistenza nella seconda città più popolota dell’Ucraina

Una porta anonima in un vicolo del centro si apre, l’assistente Konstantin ci invita a seguirlo per cunicoli presidiati da guardie. Entriamo così negli uffici sotterranei del Comune di Kharkiv: un formicaio a prova di bomba dove decine di funzionari lavorano incessantemente per monitorare gli attacchi russi e coordinare gli interventi di emergenza.

Konstantin ci porta in una piccola sala ben illuminata, sul tavolo sono presenti una bandierina ucraina ed una italiana. Ihor Terekhov appare qualche minuto dopo, indossa una giacca leggera verde militare e ci invita ad accomodarci senza troppi convenevoli. Konstantin si siede accanto, pronto per tradurre dal russo all’inglese: abbiamo giusto il tempo di presentare EUcraina, poi il sindaco inizia a parlare senza bisogno di domande. Dal suo racconto traspare una urgenza manifesta di parlare ad altri, all’Europa e al mondo, delle sofferenze inflitte alla sua città.

“Da gennaio Kharkiv è tornata nel mirino di intensi bombardamenti dei russi; non passa un giorno senza che la seconda città dell’Ucraina subisca un bombardamento. Colpiscono obiettivi civili intenzionalmente, i luoghi affollati nelle ore di punta” ci racconta, fornendo i drammatici esempi della stamperia e del centro commerciale delle scorse settimane, che hanno causato 26 morti. La notte prima del nostro arrivo altre cinque persone sono state uccise in un attacco su un edificio residenziale.

“Ci attaccano con missili S-300 e 400 lanciati dal territorio russo, che è a poco più di trenta chilometri, e con le KAB”. Le famigerate KAB sono bombe plananti con effetti devastanti che contengono fino a 700 kilogrammi di esplosivo. “Sono sganciate dai bombardieri ad alta quota e poi planano su obiettivi anche a 90 chilometri di distanza. La loro traiettoria può essere modificata durante la discesa. Per questo non le possiamo intercettare. Gli aerei russi le lanciano rimanendo nel loro territorio. Recentemente hanno sparato ad un edificio residenziale, poi alla azienda di stampa, dove son morte sette persone. A quello è seguito il colpo sul centro commerciale, dove c’erano 120 persone; abbiamo lavorato per rimuovere le macerie per cinque giorni. 19 persone sono morte, 54 sono rimaste ferite, di cui alcune gravemente. Ieri sera hanno colpito un edificio residenziale, uccidendo cinque persone; quello stesso giorno in cui hanno sparato al centro commerciale hanno colpito anche una banca, alcuni uffici, il negozio di un barbiere, un ristorante ed un caffè. E questi sono solo gli ultimi esempi. Spesso dopo un bombardamento ne segue un secondo sullo stesso obiettivo, una o due ore dopo, per colpire i soccorritori. Con il centro commerciale siamo stati ‘fortunati’” racconta, “il secondo missile non è esploso, era arrivato a 80 metri dal primo”.

Il sindaco si ferma, quasi riveda nella sua mente le scene a cui ha assistito, recandosi di persona sul luogo dei bombardamenti.  Poniamo così una prima domanda:

“Qual è l’obiettivo dei russi? Perché bombardano la città?”
“Uccidono deliberatamente i civili per terrorizzarci, vogliono che abbandoniamo la nostra città; vogliono creare una specie di zona grigia per facilitare le loro operazioni offensive”. Si combatte a poco più di 20 chilometri dalla città, ma il sindaco ci dice che l’offensiva terrestre russa è già arenata nel nord-est dell’Oblast. Nel breve periodo i soldati di Mosca non riusciranno ad avanzare in modo significativo verso Kharkiv; nemmeno la prospettiva di una occupazione nella città, essendo così remota, può fornire un pretesto strategico per questi omicidi di massa.

“Qual è la reazione della gente?”, chiediamo allora, “cosa dice Lei ai Suoi cittadini, avete pensato a un’evacuazione?”.
Terekhov risponde con schiettezza: “Non sono io a decidere per i miei cittadini; è una scelta troppo personale quella di lasciare la città, o di rimanervi. Ma posso dirvi che ci sono tre tipi di persone tra i cittadini di Kharkiv: quelli che se ne sono andati all’inizio, e vorrebbero tornare. Quelli che hanno intenzione di andarsene. E quelli come me, come la maggior parte di chi è ancora a qui, che hanno deciso già all’inizio della guerra di rimanere, e non se ne andranno mai”.
La gente di Kharkiv non si è piegata nemmeno sotto il flagello continuo dell’artiglieria, quando i russi nel marzo del 2022 erano arrivati alle porte della città. “Oggi dobbiamo affrontare anche la sfida energetica.” Continua Terekhov. “I russi hanno bombardato e distrutto sistematicamente tutte le strutture energetiche della città. Dopo l’attacco del 22 marzo scorso, Kharkiv non produce più energia. Dobbiamo riceverla dalle regioni vicine e razionarla. Abbiamo sofferto blackout durati fino a 35 ore”

“Cosa chiede oggi Kharkiv all’Europa? Di cosa avete bisogno?”
“La città ha bisogno di sistemi antiaerei e dei moderni caccia occidentali per colpire le basi a terra che lanciano i missili sulla città e gli aerei che dal territorio russo ci bombardano. Non sapete quanto è frustrante oggi vedere gli aerei russi che si alzano per bombardarci e non poter far nulla se non aspettare di vedere dove le sue bombe colpiranno sulla città. Per l’emergenza energetica, abbiamo bisogno di un sistema decentralizzato, ne ho parlato anche con Zelensky. Ci servono piccoli co-generatori da tre-quattro megawatt l’uno, che metteremo sottoterra perché non vengano colpiti. Senza energia qui non possiamo sopravvivere all’inverno, questo è un dato di fatto” racconta, ma non c’è spazio per alcuna rassegnazione. “Ciò che gli europei devono capire, è che noi non ci arrenderemo, con o senza il loro supporto” continua, “La nostra gente non accetterà mai di fare concessioni agli invasori, nessun politico che dicesse di volerlo fare otterrebbe mai supporto. Finché i russi saranno in una posizione di forza tenteranno in ogni modo di sottometterci, e questo non la accetteremo mai. Se gli alleati ci abbandonassero, troveremmo altri modi per combattere, l’indipendenza e la libertà non sono negoziabili.”

“Non sentite la vicinanza degli alleati?”
“Per vincere gli invasori russi abbiamo bisogno del supporto politico e sappiamo che questo è influenzato da molti fattori. La Federazione Russa ha molte influenze sociali, politiche, economiche e finanziarie sull’Europa, molto più che sugli Stati Uniti. Questa influenza russa sull’Europa va fermata, fa male a voi e a noi. Se si concentrano oggi qui le risorse militari americane e europee, i russi saranno respinti. Se ciò non avviene e nel peggiore scenario possibile l’Ucraina è sconfitta, la guerra continuerebbe, ma questa volta anche in Europa. Dateci le armi per salvare la nostra città. E lasciatecele usare su obiettivi militari nel territorio russo. Basterebbe abbattere un paio di aerei che portano le KAB e smetteranno di lanciarle”.

Non possiamo non chiedere al sindaco come sia vivere in una città sotto assedio.
“A volte sto nei rifugi sottoterra, ma anche io so che a casa può arrivare un missile da un momento all’altro. È il mio lavoro, questa è la mia funzione e io resto qui. A Kharkiv possiamo anche morire, ma non ci arrendiamo.”

Il sindaco si alza e noi lo seguiamo nella sala di controllo dei servizi di emergenza: sugli schermi dei computer gli operatori seguono in diretta le tracce dei bombardieri russi e le traiettorie di due KAB lanciate da poco. Uno schermo a parete riprende un tratto della periferia a nord della città. La telecamera ingrandisce: in lontananza sullo schermo si vede una colonna di fumo. Gli operatori della sala si mobilitano per l’emergenza; si consultano e danno ordini via radio. Il sindaco torna al lavoro: come sempre, sarà tra i primi sul luogo del bombardamento.

Giovanni Kessler
Paolo Zurlo

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