di Antonio Giordano
Sono libri con la copertina bruciata, le pagine annerite da fumo e fuoco, la costa strappata via. Sono stati tirati fuori dalle migliaia di case colpite dai bombardamenti russi in questi due anni di invasione dellUcraina, testimoni di percorsi di studio o di svago o di momenti domestici come la lettura di qualche favola a un bambino prima di andare a dormire, e della volontà di Putin di togliere anche questo pezzo dell’esistenza agli ucraini, di cancellare il loro immaginario con l’artiglieria e sostituirlo con qualcosa di molto più cupo. I libri distrutti dalla Russia sono stati recuperati ed esposti all’Arsenale dei libri, manifestazione che in questi giorni è in corso a Kyiv, e sono tra le cose più fotografate dell’intera fiera. Sono ancora perfettamente leggibili, anche con i segni della guerra.
La terza primavera di combattimenti è scesa sull’Ucraina con le avanzate russe a Kharkiv e i bombardamenti missilistici a cui gli abitanti di Kyiv reagiscono con sempre maggiore coraggio, limitandosi a leggere le chat su cui le traiettorie di ogni lancio sono mappate al minuto e assicurandosi così di essere pronti se qualcosa dovesse davvero cadere sulla capitale. Nel frattempo si sono un po’ bruciati e stancati ma non scoraggiati, continuano a testimoniare e a ringraziare quando qualcuno si ricorda di raccontare la loro storia in Europa. La terza primavera è quella in cui si rinnoverà il parlamento europeo, sulle spalle del quale nei prossimi anni cadranno le responsabilità dell’aiuto dell’Unione all’Ucraina, dal sostegno militare e finanziario all’ingresso nella stessa UE. Per questo le associazioni Eucraina e MEAN guidate da Giovanni Kessler e Angelo Moretti sono arrivate a Kyiv lo scorso lunedì per una serie di incontri con la società civile. Le delegazioni delle due associazioni italiane sono in Ucraina per promuovere l’appello con cui chiedono ai candidati al parlamento europeo di impegnarsi per la difesa dell’Ucraina e incontrano Maksim, Danilo e Sergey, soldati che in momenti diversi della guerra sono stati catturati dai russi. Parlano di torture e violenze chiedendosi come sia possibile che nell’Europa del ventunesimo secolo succedano ancora cose come quelle che loro hanno dovuto sperimentare in prima persona, e nessuno ha una risposta. L’unica cosa che si può fare è impegnarsi per non farlo succedere. I tre soldati ringraziano già solo per questo.
Nella sede dell’associazione anticorruzione ANTAC, a due passi dagli uffici presidenziali, incontriamo le combattive donne dell’associazione. Come tutta la società ucraina anche loro sono impegnate nella loro fetta di guerra, che affrontano con le loro competenze. Ci spiega Daria Kaleniuk, direttrice esecutiva di ANTAC, che uno dei fronti è quello economico, per assicurare più risorse possibile a chi combatte, e che per questo l’associazione è impegnata nella campagna “Make Russia pay”, per dare all’Ucraina gli asset finanziari sequestrati alla Russia. Si tratta di circa 300 miliardi di dollari, di cui poco meno della metà congelati in Belgio. Una somma che supererebbe di 4 volte il totale degli aiuti occidentali ricevuti finora dall’Ucraina. Soldi già a disposizione. Non liberiamo questi fondi per paura delle reazioni della Russia, dice Daria.
L’Occidente che non si decide ad aiutare con convinzione l’Ucraina crea il paradosso di questi giorni, in cui invece di difendere tutti i civili, da qualsiasi lato di qualsiasi frontiera si trovino, i governi occidentali difendono di fatto, con i propri veti all’uso di armi contro obiettivi militari russi, proprio le basi militari, l’artiglieria e gli aeroporti russi. A ridosso dell’Ucraina e del tutto al sicuro, perché sanno che nessuno al momento può sparare.
All’Arsenale del Libro c’è anche Sergey. Imponente, sereno e sorridente, è un ex pilota di rally di alto livello. Oggi è entrato nell’esercito e mostra le foto del fronte. In una c’è una farfalla posata sull’otturatore del suo fucile e lui ridacchia: quanta poesia. Quella foto è stata scattata a Kharkiv, dove oggi è schierata la moglie di Sergey. Lui non è preoccupato, ma quando qualcuno gli chiede del suo passato da pilota non risponde. Dice che è molto più importante quello che fa adesso.