Il blitz fallito

Non è stato un colpo di testa o una decisione malpensata, ma un piano ben congegnato ed eseguito con precisione.

Per capirne tempi e motivi, bisogna probabilmente andare indietro di un paio di mesi. Nel giugno scorso, l’Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU) e la Procura Anticorruzione (SAPO) formalizzano le accuse di frode a Oleksiy Chernisov, ex vice primo ministro e ministro ucraino, amico stretto del Presidente. Dopo il ritorno da quella che a tutti era apparsa una fuga all’estero, Chernisov viene sottoposto a misure cautelari e suoi collaboratori sono arrestati. Nel corso della stessa indagine, a seguito di rogatoria internazionale, il 15 luglio viene perquisita a Monaco la residenza di Rotyslav Shurma, ex vicecapo dell’uffico del Presidente e suo grande amico.

Nello stesso tempo, crescono le pressioni del governo sul giornale ‘Ukrainska Pravda’, che più volte ha esposto questo e altri scandali, finché, in luglio, il governo ucraino decide di sanzionare la società finanziaria del suo proprietario, il cittadino ceco Tomas Fiala, privando in questo modo il giornale delle risorse necessarie. L’idea viene poi abbandonata per la resistenza manifestata dagli ambasciatori occidentali.

L’11 luglio, l’abitazione di Vitaliy Shabunin, presidente della ONG AntAC, tra i primi sostenitori di NABU e prominente attivista anticorruzione, viene perquisita in maniera spettacolare dall’SBU. Gli vengono contestati reati di poco conto, quanto basta per intimidire e per screditarlo pubblicamente.

Il 21 luglio, in una operazione di SBU e Procura Generale, vengono eseguite circa 80 perquisizioni in tutto il Paese a carico di agenti del NABU e nella sede centrale dell’Ufficio. Il sospetto, rilanciato subito sui media, è che il NABU sia infiltrato dai russi.

Il 22 luglio è l’ultimo giorno prima delle vacanze estive del parlamento nazionale. In calendario c’è la seconda lettura e l’approvazione di una legge sulle persone scomparse durante lo stato di guerra. Poco prima del voto finale, un deputato del partito di Zelensky, con la controversa tattica parlamentare del ‘cavallo di Troia’, presenta un emendamento che non ha alcuna relazione con il contenuto della legge. L’emendamento attribuisce al Procuratore Generale il controllo completo su NABU e SAPO: accesso a tutti i loro casi, possibilità di dare istruzioni vincolanti, di archiviare procedimenti e di togliere loro i casi e affidarli ad altri uffici. Non c’è spazio per una discussione, nonostante alcuni parlamentari cerchino di opporsi al colpo di mano. In un paio d’ore, la legge sulle persone scomparse con l’emendamento che colpisce al cuore NABU e Procura Anticorruzione è approvata a larga maggioranza. Immediatamente dopo, il presidente, che avrebbe quindici giorni di tempo per farlo, firma la legge e la rende già esecutiva. Il potere politico si riprende così il controllo perso nel 2014. E si garantisce da indagini sempre più scomode. È la fine dell’indipendenza delle due istituzioni, il venir meno della loro ragione di esistere. E dello stato di diritto.

L’intimidazione e la denigrazione preventiva di NABU e attivisti e la procedura quasi clandestina per far passare la norma non sono bastate. La sera stessa, mentre i parlamentari partivano per le vacanze, la gente scendeva in piazza a Kyiv, Odesa, Lviv. Il giorno dopo, anche in altre città e ancor più numerosi; tra loro tanti giovani e giovanissimi alla loro prima esperienza di tali manifestazioni. Niente attacchi politici, slogan semplici e diretti scritti su cartoni. Non sono scesi in strada “per una legge che non conoscevano” o che “non gli piaceva”, come qualcuno ha scritto semplicisticamente. Hanno dimostrato di non essere disposti a rinunciare allo stato di diritto, che per loro è una conquista irrinunciabile, il frutto di Euromaidan, il fondamento della democrazia, la base dell’Ucraina che devono difendere anche in armi.

Scoperto il piano, il presidente ha fatto un passo indietro. Ha promesso una nuova legge che ridà l’indipendenza a NABU e SAPO. I deputati sono stati richiamati dalle ferie; vedremo quanti voteranno contro quello che hanno approvato una settimana prima. I manifestanti saranno di nuovo in strada con i cartoni. Non sarà un passaggio facile. E non sarà abbastanza. Bisognerà sbloccare la riforma del giudiziario, necessaria per chiudere il cerchio del sistema di legalità; il governo dovrà nominare il capo della polizia finanziaria (BES), scelto da una commissione indipendente, come impone la legge, ma come finora si è rifiutato di fare. Si capirà dalle prossime scelte se il Presidente potrà riacquistare credibilità come guida del suo Paese verso l’Europa e i suoi valori, salvati oggi dal suo popolo.

Torna in alto